Dr De Filippo Guido - Specialista in Chirurgia Vascolare-Angiologia
Master in Microchirurgia dei Linfatici e Clinica Llinfologica
Dirigente Medico Unico A.S.L. Caserta con incarico Aziendale di Alta Specializzazione
RIASSUNTO
L’Edema linfatico, diverso per componente ed etiopatogenesi da quello venoso, negli ultimi tempi ha conosciuto una diffusione sempre più ampia soprattutto quale complicanza della malattia neoplastica.
La pratica sempre più diffusa del linfonodo sentinella, nello studio della diffusione metastatica del tumore della mammella, ha indubbiamente diminuito la comparsa del linfedema dovendo ricorrere sempre meno alla interruzione delle vie linfatiche in sede ascellare.
Purtroppo la comparsa del linfedema si può manifestare oltre che come erronea interruzione delle vie linfatiche durante inconsulte dissezioni chirurgiche anche come sequela di trattamenti radioterapici sulle regioni coinvolte dai processi neoplastici, inducendo una fibrosi ingravescente che strozza la delicatissima rete linfatica,ubicata in gran parte sotto la pelle.
Il Linfedema rappresenta,oggi, una malattia cronica ed ingravescente nel tempo, altamente invalidante sul piano sociale, con alti costi di gestione e di difficile controllo terapeutico.
Da sempre costituisce una patologia vascolare negletta ed in alcuni casi riluttante tanto da indurre lo stesso paziente all’isolamento sociale con gravi ripercussioni sulla sfera relazionale.
A peggiorare sicuramente tale condizione contribuisce la scarsa conoscenza di questa malattia sia da parte della classe medica che dalla classe politica-diringenziale sanitaria, anche se recentemente (Settembre 2017) la patologia è stata riconosciuta ed inserita nei L.E.A.e classificata nell’elenco delle “Malattie Rare” ma ancora con scarsi risultati applicativi sul piano sociale-assistenziale, per cui questi ammalati si vedono ancora costretti a sostenere in proprio i costosi trattamenti necessari per combattere l’inesorabile ingravescenza della malattia.
Il paziente con linfedema è diventato,quindi,negli anni un nomade sanitario costretto a vagare per Strutture diverse su tutto il territorio nazionale alla ricerca disperata di una soluzione definitiva al suo problema.
Quindi saper riconoscere la malattia,per curarla ma soprattutto prevenirla rappresenta,oggi,la condizione migliore per far fronte ad una vera e propria disabilità con coinvolge anche la sfera emotiva e psichica del soggetto.
Nella strategia terapeutica di questa malattia l’elastocompressione, ancora a totale carico del paziente, rappresenta il pilastro principale su cui si basa il trattamento decongestivo combinato degli arti.
E’di facile gestione, previa adeguata preparazione del paziente e sicuramente quello che garantisce risultati incoraggianti,immediati e duraturi a breve e lungo termine evitando ripetute e sconfortanti recidive.
Il bendaggio si inserisce nel cosiddetto Trattamento Fisico Riabilitativo Combinato (T.F.R.C.) che rappresenta,oggi, l’arma vincente per ottenere risultati stabili nel tempo se confrontati con quelli ottenuti con la sola Farmacologia o Trattamento Chirurgico.
L’elastocompressione,quindi, nell’ambito della stesso T.F.R.C., che comprende il Drenaggio Linfatico. Manuale., la Compressione Pneumatica Intermittente (Pressoterapia), l’Ultrasuono-terapia, l’Elettrostimolazione, la Ginnastica Isotonica Individuale o di Gruppo, la Ginnastica Ventilatoria, l’Idrochinesiterapia, riveste un ruolo chiave nell’ottenimento dei risultati prefissati.
Conoscere i concetti generali della comparsa del linfedema,in conclusione, offre la possibilità di combattere al meglio questa malattia che rappresentando, sul piano sociale, una vera e propria disabilità che determina la pressocchè totale compromissione delle normali attività della vita quotidiana (ADL),affliggendo ulteriormente questi sfortunati soggetti, che non sempre sono” ricchi” per potersi permettere in proprio costose terapie che durano, nella maggior parte dei casi, tutta la vita!...
CENNI DI ANATOMIA DEL SISTEMA LINFATICO
Il Sistema Linfatico rappresenta il terzo circolo esistente nel nostro organismo, oltre quello arterioso e venoso. questi ultimi meglio conosciuti sia per anatomia che per funzione. E’ costituito da una struttura architettonica composta da spazio interstiziale, vasi linfatici, linfa, tessuto linfatico organizzato e linfonodi, tra loro strettamente correlati. E', altresì, funzionalmente collegato al sistema circolatorio venoso.
La circolazione linfatica svolge il ruolo di regolatore del volume e della composizione chimica del liquido tissutale (tra cellule ed ambiente extracellulare), di trasporto di proteine plasmatiche filtrate e di prodotti cellulari (enzimi, ormoni, ecc.), di rimozione di detriti, scorie, cellule mutate o tumorali, convogliandole agli organi linfoidi, quali i linfonodi, per essere controllate e valuate.
CAUSE DELLA COMPARSA DEL LINFEDEMA
In ambito oncologico il linfedema è la complicanza più frequente degli interventi chirurgici per tumore del seno con asportazione dei linfonodi ascellari (intervento che prende il nome di linfadenectomia) e l’ interruzione delle vie linfatiche dirette all’ascella. Il linfedema può svilupparsi anche alla gamba a seguito di asportazione dei linfonodi inguinali o pelvici per melanoma, tumori della sfera ginecologica, tumore della prostata od anche a causa di inutili ed inconsulte dissezioni chirurgiche durante la preparazione dei cosiddetti “ campi anatomici”
Inerentemente a tale ultimo aspetto ultimamente è stata proposta da parte dell’Università di Genova ( Prof. Boccardo) una metodica chirurgica, cosiddetta L.I.M.P.H.A. atta a prevenire la comparsa del linfedema degli arti.
La radioterapia rappresenta altra causa del linfedema oncologico in quanto porta alla formazione di tessuto cicatriziale nella sede irradiata (parete toracica, ascella, collo, inguine, ecc), che ostacola la circolazione linfatica sottocutanea e blocca l’attività dei linfonodi.
Non tutti i pazienti che si sottopongono a chirurgia o radioterapia da sole sviluppano il linfedema, che colpisce il 20-30% dei pazienti e in genere è di modesta entità. Se, al contrario, la chirurgia e la radioterapia sono effettuate nella stessa sede (come nei tumori della mammella), il rischio di linfedema aumenta e la sua entità può anche essere severa.
Il linfedema si manifesta con un aumento di volume dell'arto. La cute dell’arto edematoso è di colorito e temperatura in genere normali, tranne quando si complica con un’infezione (linfangite). In tal caso la cute è calda, arrossata e dolente al tatto e può comparite febbre. La consistenza della cute dell’arto edematoso può essere morbida e fredda all’inizio, ma con il passare del tempo e se il linfedema non è adeguatamente curato, può aumentare fino a diventare dura, con associate distrofie cutanee.
In genere il linfedema non dà dolore, anche se in molti casi il paziente può riferire sensazione di pesantezza, indolenzimento, tensione, fastidio. Solo in caso di linfedema di grosse dimensioni vi è difficoltà nei movimenti, arrivando all’anchilosi delle articolazioni con handicap grave nello svolgimento delle attività della vita quotidiana - A.D.L. - (vestirsi, guidare, scrivere,ecc).
Nella maggior parte dei pazienti il linfedema si sviluppa lentamente a distanza di mesi o anni dall’intervento chirurgico ed è difficile prevedere chi ne sarà colpito. È opportuno ricordare che, una volta insorto, il linfedema non può guarire, ma può essere ridotto e tenuto sotto controllo ricorrendo alle terapie specifiche e adottando alcune semplici norme comportamentali
CLASSIFICAZIONE DEL LINFEDEMA
I linfedemi si presentano in due forme: i linfedemi primari e quelli secondari:
Linfedema primario (o primitivo)
È causato da una displasia dei vasi linfatici e/o dei linfonodi ( ultimamente ha preso piede l’ipotesi genetica)
L’edema si manifesta già alla nascita o dopo un periodo di latenza variabile, che può durare anni.
Linfedema secondario
È causato da un danno meccanico dei vasi linfatici e/o dei linfonodi. Dopo una lesione o un’operazione,i vasi linfatici hanno, contrariamente ai linfonodi, la possibilità di rigenerarsi.
La probabilità che si sviluppi un linfedema secondario dopo una semplice lesione (post-traumatica o postoperatoria) dei vasi linfatici è quindi minore che in seguito a una linfadenectomia.
TEORIA DEL “ LINFONODO SENTINELLA
Negli ultimi tempi ha preso sempre più piede la metodica del linfonodo sentinella che consente con l’introduzione di radio tracciante di ricercare la/e stazioni linfonodali più prossime alla sede tumorale e di studiarle per evidenziare eventuali coinvolgimenti neoplastici( disseminazioni metastatiche):
Non disponendo di dati raccolti sul lungo termine, oggi non è ancora possibile valutare in modo definitivo se la linfadenectomia di un solo o di due linfonodi può provocare un linfedema secondario; in ogni caso i rischi sono ridotti.
Ma nemmeno possiamo escludere, a priori,la possibilità di un falso negativo (salto linfonodale) alla linfangioscintigrafia delle stazioni più prossime alla sede tumorale.
Come si manifesta un linfedema?
Non tutte le linfadenectomie e non tutte le lesioni gravi dei vasi linfatici provocano un linfedema manifesto, ossia visibile e percepibile al tatto.
L’insorgenza è dovuta ad un’alterazione dei suoi compiti.
In essenza esso svolge:
> regolazione del contenuto del liquido interstiziale,
> trasporto delle proteine e di altri carichi linfatici nel circolo sanguigno,
> funzione immunologica.
Il linfedema è un edema ricco di proteine, che non allontanate dallo spazio interstiziale cellulare danno origine alla creazione di nuovo tessuto connettivo.
Questo spiega la consistenza dapprima pastosa, in seguito sempre più fibrosa, di un linfedema e la sua tendenza all’ingravescenza.
Il sistema linfatico è sollecitato in particolare
> dall’attività fisica,
> dall’insufficienza venosa,
> in caso di infiammazioni,
> in caso di trombosi.
Il sistema linfatico costituito da una fittissima rete sottocutanea, invisibile all’occhio umano, compensa nelle fasi precoci ogni turba funzionale dovute alla cause di cui sopra.
Se il danno meccanico è troppo importante o se permane troppo a lungo, il sistema linfatico non riesce più a compensarlo e si crea un edema manifesto, visibile e percepibile al tatto, spesso però solo a distanza di 1–2 anni da una
linfadenectomia (periodo di latenza!).
Stadi del linfedema
Un linfedema si sviluppa,quindi, in modo insidioso. Ciò può far sì che in un primo stadio non sia diagnosticato e/o non sia considerato necessario iniziare una cura. I linfedemi che non sono curati, presentano tuttavia uno sviluppo inevitabilmente progressivo.
Per questo motivo è estremamente importante conoscere gli stadi precoci di sviluppo di un linfedema.
In seguito all’interruzione delle vie linfatiche l’intero distretto reticolare compartimentale è compromesso.
A rischio di edema sono per esempio:
- dopo una linfadenectomia ascellare: non solo il braccio, bensì anche la parte ventrale e dorsale del tronco, dalla clavicola fino alla vita, sullo stesso lato;
- dopo una linfadenectomia inguinale: oltre alla gamba anche la parete addominale e la regione lombare sullo stesso lato;
- dopo un‘escissione dei linfonodi nella cavità addominale, a seconda della localizzazione, una o entrambe le gambe e la parte inferiore del tronco.
Stadio 1 (stadio spontaneamente reversibile)
Gli edemi sono visibili e percepibili al tatto, ma scompaiono dopo un periodo di riposo oppure con temperature più fresche. Ciò significa che l’edema si trova in uno stadio intermedio alternante tra il periodo di latenza e lo stadio manifesto.
Stadio 2 (stadio spontaneamente irreversibile)
L’edema non scompare completamente nemmeno dopo prolungati periodi di riposo. Può essere ancora molle oppure indurito a causa della progressiva fibrotizzazione.
Stadio 3 (cosiddetta elefantiasi linfostatica)
Con questo termine si definisce un linfedema manifesto ed invalidante con complicazioni cutanee (erisipela, formazione di pustole e linforrea)
Diagnostica
Di regola un linfedema può essere diagnosticato attraverso un esame clinico (anamnesi, ispezione, palpazione),senza dover ricorrere a costose indagini strumentali.
Le modifiche del tessuto coinvolto dalla linfostasi possono essere facilmente rilevate tramite la palpazione, in quanto presentano una consistenza da pastosa a fibrotica,( Segni di Stemmer- difficoltà al pinzettamento della plica cutanea) Premendo sull’arto, inizialmente si creano piccole depressioni
(fovee); con l’acuirsi della fibrotizzazione ciò non si verifica più.
Sul tronco non è praticamente, possibile ottenere delle fovee; compiendo tuttavia un confronto sui due lati secondo il test della plica cutanea (o test di Stemmer),si può individuarlo facilmente.
Il segno di Stemmer
Nelle articolazioni metacarpo e metatarso-falangeali le pliche cutanee sono notevolmente ispessite(fenomeno noto come segno di Stemmer).
I linfedemi inoltre si manifestano di regola unilateralmente, con o senza coinvolgimento del tronco, e si distinguono pertanto facilmente
dagli edemi generali (per esempio nella sindrome nefrosica o in caso d’insufficienza cardiaca).
Perché si deve curare un linfedema?
Un linfedema che non è curato ha uno sviluppo sicuramente progressivo sino a complicarsi sinanche in campo tumorale(Sarcoma di Kaposi)
Il periodo che intercorre fra la prima manifestazione e il momento in cui la patologia assume proporzioni tali da rendersi una vera e propria disabilità, cambia da persona a persona; il processo di fibrotizzazione del tessuto è molto variabile.
Importante !
Un linfedema non curato in modo adeguato non ritornerà mai spontaneamente allo stadio latente!
Un linfedema compromette notevolmente la qualità della vita, in particolare quando si presenta a distanza di anni dalle cure antitumorali.
Dopo aver superato la malattia tumorale, le persone colpite sono disturbate anche sul piano psicologico da una malattia cronica postuma, legata al tumore.
Particolarmente traumatici sono i linfedemi alla testa, sorti in seguito
alla dissezione del collo (Neck Dissection), poiché impediscono di parlare, mangiare, deglutire e compromettono ovviamente anche l’aspetto e la mimica.
Nonostante i mass media trattino spesso dell’argomento, sul piano della salute personale le malattie tumorali sono ancora un tema difficile da affrontare. I linfedemi, in particolare quelli secondari che colpiscono le braccia o la testa, rendono visibile esternamente una precedente malattia tumorale.
Ciò spesso comporta l’isolamento della persona colpita, che tende a
ritirarsi dalla vita sociale.
Nel modello OMS riguardante la salute e la malattia (classificazione moderna delle disabilità secondo l’I.C.F.), la partecipazione alla vita sociale è considerata altrettanto importante che l‘incolumità fisica delle strutture corporee e la capacità di svolgere tutte le attività necessarie nella vita quotidiana.
La cura adeguata di un linfedema, avviata tempestivamente, contribuisce
in misura importante a dare alla persona colpita la sicurezza necessaria per partecipare alla vita sociale.
Tra le complicanze più diffuse del linfedema troviamo:
Erisipela
Un’erisipela è un’infezione acuta cutaneo con compromissione del sottostante sistema linfatico subcutaneo, che si sviluppa rapidamente ed è causata da streptococchi o (più raramente) da stafilococchi. Una regione linfedematosa è sempre indebolita dal punto di vista immunologico e pertanto particolarmente soggetta alle infezioni.
Base della profilassi dell’erisipela è la riduzione del linfedema. Una
cura regolare della pelle con prodotti acidi (pH 5–5.5), reidratanti, e
un comportamento adeguato nella vita quotidiana sono pure assai
importanti.
Pustole-Papule - Fistole linfocutanee
Una forte pressione nel sistema linfatico sottofasciale favorisce l’insorgere di cisti e di fistole linfocutanee con linforrea che, a loro volta, rappresentano la porta d’accesso per i batteri che provocano le dermatiti.
La profilassi migliore delle fistole è la riduzione del linfedema. Le fistole vengono dapprima disinfettate e poi si applica un bendaggio compressivo locale all’Ossido di Zinco.
Linfedemi e sintomatologia
Un linfedema non provoca mai dolore!
Quando in una regione linfoedematosa compare dolore, occorre indagare circa la causa.
Le possibili motivazioni possono essere le seguenti:
Disfunzioni muscolari
Al termine di una cura oncologica, i sovraccarichi muscolari cronici sono piuttosto frequenti.
I tessuti cicatriziali e le posizioni antalgiche attivano i punti trigger nella muscolatura, provocando uno squilibrio muscolare e causando dolori.
I dolori provocati da squilibri muscolari sono frequenti soprattutto in seguito ai trattamenti di un carcinoma mammario.
Irradiazioni dolorose sono molto frequenti nei casi di trattamento radioterapico per tumore mammario.
Colpisce il fatto che questi modelli di dolore non si manifestano solo
dopo un’ablazione del seno, bensì anche nelle donne che hanno subito
un intervento conservativo.
Molto spesso purtroppo, dopo trattamenti antitumorali le cause dei dolori si minimizzano, attribuendole solo a «fattori psichici» e senza curarle quindi in modo adeguato. Di regola sono tuttavia sufficienti alcune sedute di fisioterapia (trattamento dei punti trigger e rispettive istruzioni) per liberare le pazienti dai dolori.
Limitazione della neurodinamica
La neurodinamica descrive le caratteristiche meccaniche e il comportamento
dei nervi.
Proprio in relazione ai trattamenti antitumorali la neuro dinamica dei nervi periferici può essere compromessa in modo tale da provocare dolori. In seguito a cicatrizzazioni, lungo i nervi possono svilupparsi per esempio siti di entrapment.
La capacità di conduzione nervosa può essere completamente intatta!
Un controllo della capacità di conduzione nervosa (elettroneurografia)
effettuato con esito negativo non significa dunque che i dolori non sono riconducibili alle strutture neurali.
Dopo la cura di un carcinoma mammario, la capacità di scorrimento del nervo mediano è spesso ridotta. Durante i movimenti normalmente scivola fino a 2 cm nel braccio superiore e fino ad 1 cm nei movimenti delle dita o delle mani.
I tessuti cicatriziali e le modifiche nei tessuti connettivi successivi alla radioterapia provocano una riduzione della sua capacità di scorrimento, causando di conseguenza dolori.
Spesso questi dolori si manifestano come sindrome del tunnel carpale. In questi casi i dolori non possono essere eliminati tramite un intervento chirurgico, bensì attraverso un’adeguata cura fisioterapeutica.
I nervi richiedono molto ossigeno!
Pertanto un’irrorazione sanguigna ridotta, dovuta per esempio alla stasi venosa indotta da un rallentato scarico determinato da uno strozzamento della vena ascellare per cedimento dei muscoli della spalla, può provocare, come conseguenza uno stato ipossico. Il flusso dell’assoplasma può essere disturbato
Plessopatia radiogena
Le modifiche del tessuto connettivo e della struttura dei vasi dovute alla radioterapia provocano un disturbo cronico del metabolismo. e di conseguenza un approvvigionamento insufficiente costante dei tessuti. Questo problema può interessare non solo la cute, bensì anche il plesso brachiale.
Pertanto si sviluppa una plessopatia radiogena che può far nascere dolori molto forti e/o provocare persino una paresi (fino alla paralisi completa).
Visto che spesso si manifesta solo parecchi anni dopo la radioterapia,
nella diagnosi differenziale è sempre necessario escludere una recidiva tumorale.
La plessopatia radiogena è irreversibile.
Quali misure terapeutiche per svolgere le attività quotidiane si possono prendere in considerazione i neurotrofico e trattamenti riabilitativi adeguati.
Recidiva tumorale
Sempre quando in una regione linfedematosa si manifestano dolori durevoli a intervalli regolari e che tendono a intensificarsi, o che non sono influenzabili tramite le «misure consuete», diventa imprescindibile effettuare un controllo approfondito per verificare l’eventuale presenza di una recidiva tumorale.
Terapia del linfedema
Un linfedema è una malattia cronica.
Secondo lo stato attuale delle conoscenze la guarigione non è possibile. L’obiettivo della terapia può essere solo quello di raggiungere
uno stato in cui i sintomi sono ridotti al minimo – nel migliore dei casi il conseguimento e il mantenimento della destadiazione.
La terapia medicamentosa
Diuretici
I diuretici sono controindicati per la cura di un linfedema (matrice ricca di proteine). Essi contribuiscono infatti a incrementare la concentrazione e quindi il risucchio oncotico, con una riduzione solo transitoria del volume dell’edema,che subito dopo aumenta nuovamente.
Rallenta inoltre il trasporto delle proteine, poiché a causa del diuretico si riduce il «mezzo di trasporto», cioè l’acqua dei tessuti. La riduzione dell’acqua nell’interstizio provoca un aumento della densità delle proteine plasmatiche con una conseguente proliferazione accelerata dei tessuti connettivi (fibrotizzazione).
Medicamenti per la stimolazione dell’angiomotricitàlinfatica (linfangione-tratto di vaso linfatico compreso tra due valvole)
In commercio vi sono diversi prodotti (perlopiù sotto forma di pomata)
contenenti sostanze attive capaci di stimolare l’angiomotricità linfatica o i macrofagi (bioflavonoidi,benzopireni, cumarinici). Non esistono tuttavia prove convincenti della loro efficacia..
La terapia chirurgica
Dal 1908 (Handley) per la cura dei linfedemi sono stati descritti, attuati
e, a causa del loro insuccesso, di nuovo abbandonati diversi procedimenti chirurgici (perlopiù basati sulla resezione).
Uno dei procedimenti che viene tuttora eseguito è il trapianto autologo di vasi (Baumeister, Monaco), un intervento microchirurgico di ricostruzione. L’intervento è molto impegnativo ed è effettuato solo in casi rari.
Altro tipo di interventi,più diffusi e specialmente effettuati presso la Clinica di Microchirurgia dei Linfatici dell’ Universitaria di Genova- diretta dal Prof. Campisi et coll. - comprendono i by pass linfo-linfatici - linfo-venosi e linfo-veno-linfatici corollati da gran successo a distanza di tempo soprattutto se supportati da adeguato trattamento riabilitativo pre e post chirurgico.
Attualmente si stanno compiendo, esperimenti con la liposuzione
(Brorson, Malmö) per la cura dei linfedemi del braccio. Anche dopo questo tipo di intervento sarà necessario portare sempre, 24 ore al giorno, bendaggi compressivi.
Fisioterapia
Le misure fisioterapeutiche promettono i migliori risultati sul lungo termine nella terapia dei linfedemi. Esmarch e Kulenkampff descrivevano
già nel 1885 (Winiwarter nel 189213) una combinazione di applicazioni
fisiche atte a ridurre i linfedemi, simili a quelle applicate tutt’oggi.
Con la tecnica del Trattamento Decongestivo Combinato (TDC) integrando in maniera sinergica tra loro le metodiche in possesso del riabilitatore si assicurano confortanti e duraturi risultati nel tempo.
IL TRATTAMENTO DECONGESTIVO COMBINATO
Una cura degli edemi effettuata correttamente porta sempre a una riduzione dell’edema (con rare eccezioni, chiaramente spiegabili,per esempio nel caso di una recidiva tumorale non curabile o in presenza di metastasi).
La cura corretta dell’edema prevede l’applicazione di più metodiche,
combinate in modo sensato e orientate al problema:
- Compilazione della cartella clinica del paziente e controllo del decorso
- Rilevazione accurata in punti standard delle misure agli arti
- Linfodrenaggio Manuale
- Compressione Pnematica Intermittente
- Bendaggio Multistrato elastico e/o anelastico
- Fisioterapia Respiratoria
- Ultrasuonoterapia
- Ginnastica isotonica sottobendaggio individuale e/o di gruppo
- Educazione del paziente all’autogestione della malattia anche attraverso la pratica dell’autodrenaggio
- Consulenza al paziente:
– indicazioni sul comportamento adeguato nella vita quotidiana
– informazioni sui mezzi ausiliari
– indicazioni riguardo organizzazioni e i servizi offerti, quali leghe contro il cancro,gruppi di autoaiuto ecc.
Cura dell’edema nel sistema a due fasi:
Fase intensiva di decongestionamento
Trattamento fisioterapeutico eseguito cinque (al minimo tre) volte la settimana con tutte le misure necessarie in base al referto individuale:
- linfodrenaggio manuale
- bendaggio compressivo continuo per oltre 24 ore
- cura della pelle
- fisioterapia respiratoria volta a migliorare l’angiomotricità dei dotti collettori principali
- riabilitazione funzionale
- istruzione nell’automedicazione (compreso l’autobendaggio)
Una buona mobilità delle articolazioni, una forza sufficiente e un buon coordinamento favoriscono le facoltà motorie, che rappresentano la premessa migliore per un’angiomotricità linfatica ottimale.
Per questo motivo la riabilitazione funzionale è un elemento importante nel concetto di cura dell’edema.
Movimenti respiratori completi rappresentano un motore potente
per l’angiomotricità dei grandi dotti collettori principali; la fisioterapia
respiratoria è dunque una parte importante di una corretta cura degli edemi.
Per riuscire a soddisfare entrambi questi aspetti necessari per
un trattamento efficace degli edemi, talvolta è essenziale osservare le misure terapeutiche per parecchio tempo
Durata
Di regola 2–3 settimane, sebbene la cura possa essere accorciata prolungata a seconda delle necessità.
Fase di mantenimento, volta a stabilizzare il successo conseguito con la terapia
Non si applica più nessun trattamento fisioterapeutico volto a ridurre l’edema, ma si mettono in pratica le tecniche di autogestione apprese (compressione tramite bendaggio di compressione o autobendaggi, esercizi respiratori e motori, adozione di un comportamento adeguato nella vita quotidiana ecc., ).
Durata
Può variare molto secondo l’estensione dell’edema e la costanza con cui viene eseguita l’automedicazione.
Non appena la riduzione dell‘edema conseguita durante la fase intensiva non potrà più essere mantenuta stabile, quest‘ultima dovrà essere ripetuta.
Inizialmente, e nei casi di linfedemi gravi, potrà essere necessario
ripetere ogni 3–4 mesi la fase intensiva per una settimana. Più tardi tali intervalli potranno anche essere prolungati.
In generale si raccomanda tuttavia di effettuare 1–2 volte l’anno una fase intensiva di 1–2 settimane.
In questo modo è infatti possibile ridurre anche edemi massicci.
La profilassi dell’erisipela e un comportamento adeguato nella vita quotidiana, volto alla riduzione dell’edema, devono essere osservati per tutta la vita.
BENDAGGI
Di regola un bracciale elastocompressivo dovrebbe avere una classe di compressione 2, se necessario, con guanto separato. Talvolta è sufficiente anche la classe di compressione 1.
Le calze e i collant elastocompressivi vengono confezionati di regola nella classe 3, mentre le parti della calza che aderiscono al ventre nella classe di compressione1 o 2.
Le calze confezionate su misura sono molto più costose di quelle
confezionate in serie, però sono anche molto più confortevoli da indossare e, considerando che la terapia compressiva rappresenta la forma di autoterapia più importante nella cura di un linfedema,una calza comoda è assolutamente necessaria.
Prevenzione dei linfedemi Informare i pazienti
Alla luce di quanto sinora detto si comprende come sia importante intervenire nelle fasi precoci di comparsa del linfedema o meglio ancora presso i reparti dedicati alla patologia della mammella con punti di informazione da parte di personale adeguatamente formato che favorisca la divulgazione di norme elementari di prevenzione del linfedema e del comportamento nella vita quotidiana.
Un Informazione importante per i pazienti: i linfedemi si sviluppano spontaneamente e non sono la causa di negligenza medica, bensì un «effetto collaterale» dell’inevitabile escissione, per certi tipi di tumore, del linfonodo.
I linfedemi possono manifestarsi a distanza di molti anni da una linfadenectomia.